20.9.13

(This photo of my self was shot by my best friend T.)


"UN CASO PIETOSO"
 James Duffy abitava a Chapelizod, perchè‚ voleva vivere il più lontano
possibile dalla città… di cui faceva parte e perchè‚ trovava gli altri
sobborghi di Dublino volgari, moderni e pretenziosi. Viveva in una
casa vecchia e cupa, dalle cui finestre poteva spingere lo sguardo
all'interno della distilleria abbandonata e, ancora più in là…, lungo
il fiume povero d'acqua su cui sorge Dublino. Le alte pareti della sua
stanza, senza tappeti, erano prive di quadri. Lui stesso aveva
acquistato ogni pezzo del mobilio: una lettiera di ferro nero, un
lavabo, sempre di ferro, quattro sedie impagliate, una gruccia per
abiti, un secchio per il carbone, un parafuoco con palette e
attizzatoi e un tavolo quadrato con un doppio scrittoio. Da una
nicchia nel muro era stato ricavato un posto per i libri con assi di
legno chiaro. Le coperte erano bianche, e lo scendiletto nero e
scarlatto. Uno specchietto a mano era appeso sopra al lavabo, e,
durante il giorno, una lampada con il paralume bianco costituiva il
solo ornamento della mensola del camino. I libri sugli scaffali di
legno chiaro erano disposti dal basso verso l'alto secondo il formato.
Un Wordsworth completo era sistemato a una estremità… dello scaffale
pi— basso, e una copia del "Maynooth Catechism", ricucito nella
copertina di tela di una agenda, era posto ad un'estremità… di quello
pi— alto. Sullo scrittoio c'era sempre il necessario per scrivere, e
nel cassetto interno c'era una traduzione manoscritta del "Michael
Kramer", con indicazioni per la scena scritte in inchiostro rosso
violaceo, e un fascicolo di fogli, tenuti insieme da un fermaglio di
ottone. Su questi fogli, ogni tanto, veniva fermato un pensiero, e, in
un momento di ironia, sul primo foglio, era stata incollata
l'iscrizione pubblicitaria di certe pillole per il fegato. Alzando il
ripiano dello scrittoio, ne usciva una delicata fragranza, fragranza
di matite nuove di cedro, di una bottiglietta di colla, o di una mela
troppo matura, forse lasciata lì e dimenticata.
Duffy detestava qualsiasi cosa che potesse far pensare a un disordine
fisico o mentale. Un dottore medioevale lo avrebbe definito un
saturnino. Il suo viso, su cui era impressa l'intera storia della sua
vita, aveva il colore scuro delle strade di Dublino. Sulla testa lunga
e piuttosto grande gli crescevano i capelli neri e aridi, e i baffetti
rossicci non riuscivano a coprire completamente la bocca, tutt'altro
che attraente. Anche gli zigomi sporgenti contribuivano a dare al suo
viso quell'aspetto duro, ma non c'era durezza nei suoi occhi che,
guardando il mondo da sotto le sopracciglia rossicce, davano
l'impressione di un uomo sempre sul chi vive per scovare negli altri
un istinto di redenzione, ma quasi sempre deluso in questo suo scopo.
Viveva a una certa distanza dal suo corpo, lanciando alle sue stesse
azioni dubbiose occhiate di traverso. Aveva una strana consuetudine
autobiografica, che lo spingeva a volte a comporre mentalmente una
breve frase su se stesso col soggetto in terza persona e il verbo al
passato. Non faceva mai l'elemosina ai poveri e camminava impettito
col suo solido bastone di nocciolo.
Da parecchi anni era cassiere di una banca privata in Baggot Street.
Ogni mattina ci andava da Chapelizod col tram. A mezzogiorno andava da
Dan Burke per il suo spuntino: una bottiglia di birra tedesca e un
vassoietto di biscotti di fecola. Alle quattro era libero. Pranzava in
una trattoria di George Street, dove si sentiva al sicuro dalla
presenza della gioventù— dorata di Dublino, e dove la lista delle
vivande dimostrava una certa genuinità… alla buona. Passava le sere al
pianoforte della padrona di casa o gironzolando nei sobborghi della
città…. La passione per la musica di Mozart lo spingeva a volte
all'opera o a un concerto: queste erano le sole trasgressioni della
sua vita.
Non aveva n‚ compagni ne amici, n‚ chiesa n‚ credo. Viveva la sua vita
spirituale senza nessuna comunione con gli altri, limitandosi a far
visita ai parenti a Natale e ad accompagnarli al cimitero quando
morivano. Compiva questi due doveri sociali per un innato senso di
dignità…, ma era tutto quello che concedeva alle convenzioni che
regolano la vita civica. Si permetteva di pensare che in particolari
circostanze avrebbe anche osato sottrarre dei soldi alla sua banca,
ma, dato che queste condizioni non si presentavano mai, la sua vita
scorreva uniformemente, una storia senza avventure.
Una sera alla "Rotunda" si trovò seduto vicino a due signore. La sala,
semivuota e silenziosa, era un desolante presagio di fiasco. La
signora a fianco a lui girò lo sguardo per la sala deserta una volta o
due e poi disse:
"Peccato che ci sia così poca gente, stasera! E' tanto brutto per gli
artisti cantare davanti a delle poltrone vuote."
Lui prese il commento come un invito ad attaccar discorso, e fu
sorpreso che la signora sembrasse tanto disinvolta. Mentre parlavano,
cercava di fissarsi ben bene l'immagine di lei nella memoria. Quando
seppe che la ragazzina che le stava vicino era sua figlia, giudicò che
dovesse avere all'incirca un anno meno di lui. Il viso, che doveva
essere stato bello, conservava un aspetto intelligente. Era ovale, con
tratti ben marcati. Gli occhi erano di un azzurro molto cupo e decisi.
Il loro sguardo prima prese un'aria di sfida, ma poi la sicurezza
vacillò, sotto quello che sembrava un cauto, fugace dilatarsi della
pupilla nell'iride, rivelando per un attimo un temperamento di grande
sensibilità…. La pupilla però si ridimensionò velocemente, facendo
ripiombare nel regno della prudenza questa natura semiaffiorata, e la
sua giacca di astrakan, modellando un seno di una certa pienezza, fece
risaltare pi— decisamente la nota di sfida.
La incontrò di nuovo alcune settimane dopo, a un concerto alla
Earlsfort Terrace, e colse l'attimo nel quale l'attenzione della
figlia era diretta altrove per parlarle con una certa intimità…. La
signora alluse una volta o due al marito, ma il tono non era tale da
fare dell'allusione un avvertimento. Si chiamava Sinico. Il trisavolo
del marito era oriundo di Livorno. Il marito era capitano di un
mercantile che faceva la spola tra Dublino e l'Olanda, e avevano
quella sola figlia.
Incontratala una terza volta per caso, trovò il coraggio di fissarle
un appuntamento. Lei ci andò. Fu questo il primo di parecchi incontri:
si incontravano sempre di sera e sceglievano i quartieri pi—
tranquilli per le loro passeggiate insieme. A Duffy però i sotterfugi
non andavano, e, poichè‚ in quel modo sarebbero stati costretti a
vedersi sempre di nascosto, la spinse a chiedergli di andare a casa
sua. Lo stesso capitano Sinico incoraggiò le sue visite, ritenendolo
un possibile partito per la figlia: tanto sinceramente la moglie era
esclusa dal quadro dei suoi piaceri che non sospettava nemmeno che
qualcun altro potesse avere dell'interesse per lei. Dato che il marito
era spesso assente e che la figlia era fuori per dare lezioni di
musica, Duffy ebbe molte occasioni di godere della compagnia della
signora. Ne l'uno n‚ l'altra avevano mai avuto avventure del genere
prima e nemmeno ci trovavano qualcosa di sconveniente. A poco a poco
fondeva i suoi pensieri con quelli di lei; le prestava libri, le dava
delle idee, in poche parole divideva la sua vita intellettuale con
lei. E la signora pendeva dalle sue labbra.
A volte, in cambio delle sue teorie, lei raccontava episodi della sua
stessa vita. Con sollecitudine quasi materna lo spronava a lasciare
libero sfogo alla sua natura; era per lui come il confessore. Le disse
anche di aver partecipato per un certo tempo alle riunioni di un
partito socialista irlandese dove, in una soffitta illuminata da una
lampada ad olio inefficiente, si sentiva isolato in mezzo a una
ventina di operai moderati. Quando il partito si divise in tre
sezioni, ognuna col proprio capo e la propria soffitta, diradò le sue
presenze. Le discussioni degli operai, disse, erano troppo timorose, e
l'interesse che dimostravano sulla questione delle paghe era
eccessivo. Pensava che avevano l'aria di vecchi realisti e che mal
sopportavano l'esattezza del suo ragionamento, che altro non era se
non il prodotto di un agio al di l… della loro portata. Probabilmente
nessuna rivoluzione sociale, osservò, avrebbe colpito Dublino per
qualche secolo.
Lei gli chiedeva perchè‚ non mettesse per iscritto le sue idee. E
perchè‚? ribatteva con voluto disprezzo. Per competere con quei
venditori di parole, incapaci di pensare per sessanta secondi di
seguito? Per sottoporsi alle critiche di una classe media ottusa, che
affidava la sua morale ai poliziotti e le sue belle arti agli
impresari?
Le faceva spesso visita nella sua villetta fuori Dublino; quasi sempre
passavano la sera da soli. A poco a poco, man mano che i loro pensieri
si fondevano, cominciarono a toccare argomenti meno lontani. La
compagnia della signora era per lui come la terra calda per una pianta
esotica. Spesso lei lasciava che l'oscurità… li avvolgesse, senza
accendere la lampada. La stanza buia e discreta, l'isolamento, la
musica che ancora vibrava nelle loro orecchie, li univano. Questa
unione lo esaltava, smussava gli spigoli vivi del suo carattere,
eccitava la sua vita interiore. Qualche volta si sorprendeva ad
ascoltare il suono della sua stessa voce. Pensava di aver raggiunto,
agli occhi di lei, una sfera angelica; e, mentre legava a s‚ sempre
pi— strettamente la fervida natura della compagna, sentiva la strana e
impersonale voce, che riconosceva per sua, insistere sull'incurabile
solitudine dell'anima. Non possiamo darci ad altri, gli diceva: ci
apparteniamo sempre. La conclusione di questi discorsi fu che una
sera, nel corso della quale lei aveva mostrato tutti i segni di
un'eccitazione insolita, la signora Sinico gli afferrò una mano
appassionatamente e se la premette contro la guancia.
Duffy ne fu molto sorpreso. L'interpretazione da lei data alle sue
parole lo disilluse. Si astenne dal farle visita per una settimana;
poi le scrisse, chiedendole di vederla. Poichè‚ non voleva che l'ultimo
colloquio fosse turbato dall'influenza del loro sacrario distrutto,
fece in modo che si incontrassero in una piccola pasticceria vicino ai
cancelli del parco. Era una rigida giornata autunnale, ma, nonostante
il freddo, passeggiarono su e gi— per le strade del parco per quasi
tre ore. Di comune accordo decisero di rompere i loro rapporti; ogni
legame, lui sostenne, è sempre un legame di dolore. Quando uscirono
dal parco si avviarono in silenzio al tram, ma qui la signora cominciò
a essere presa da tremiti tanto violenti che, temendo le venisse un
altro collasso, la salutò in fretta e furia e la lasciò. Alcuni giorni
dopo ricevette un pacco contenente i suoi libri e la musica.
Passarono quattro anni. Duffy aveva ripreso il suo solito sistema di
vita. La stanza continuava a rispecchiare l'ordine della sua mente:
due nuovi brani musicali occupavano il leggio, e sugli scaffali erano
stati aggiunti due libri di Nietzsche: "Così parlò Zarathustra" e "La
gaia scienza". Scriveva raramente ormai sui fogli di carta, che erano
nello scrittoio. Una delle frasi, scritta due mesi dopo il suo ultimo
colloquio con la signora Sinico, diceva: "L'amore tra uomo e uomo Š
impossibile, perchè‚ non ci può essere rapporto sessuale, e l'amicizia
tra uomo e donna Š impossibile per la necessità… di un rapporto
sessuale". Evitò di andare ai concerti per paura di incontrarla. Gli
morì il padre; il socio pi— giovane della banca si ritirò. Eppure lui
continuava ad andare in città… ogni mattina col tram e a ritornarsene a
casa a piedi la sera, dopo aver pranzato frugalmente in George Street
e aver letto il giornale della sera per "dessert".
Una sera, mentre stava per portare alla bocca un forchettata di carne
di bue in scatola e di cavolo, la mano gli si fermò a mezz'aria. I
suoi occhi rimasero inchiodati sul trafiletto del giornale che aveva
appoggiato alla caraffa dell'acqua. Lasciò ricadere il boccone nel
piatto e lesse il paragrafo con attenzione. Poi bevve un bicchiere
d'acqua, spinse il piatto da parte, piegò in due il giornale, se lo
mise davanti, tra i gomiti, e rilesse la notizia parecchie volte. Il
cavolo cominciava a depositare un grasso freddo e biancastro sul
piatto, tanto che la cameriera gli si avvicinò per chiedergli se il
pranzo non era cucinato a dovere. Rispose che era ottimo e a fatica
mandò giù— ancora alcuni bocconi. Poi pagò il conto e uscì.
Si incamminò rapido nel crepuscolo di novembre. Il suono del suo
bastone risuonava a intervalli regolari sul selciato, e dalla tasca
laterale dello stretto soprabito a doppio petto, gli sporgeva l'orlo
del giornale. Sulla strada solitaria, che unisce i cancelli del parco
a Chapelizod, rallentò il passo. Il bastone batteva ora per terra con
minor energia, e il fiato, che gli usciva irregolarmente quasi simile
a un sospiro, si condensava nella fredda aria invernale. Quando arrivò
a casa, andò immediatamente in camera da letto e, toltosi il giornale
di tasca, rilesse ancora il trafiletto alla debole luce della
finestra. Non lo lesse ad alta voce, ma, muovendo le labbra, come fa
il sacerdote durante la Messa, quando recita le parti "secreto".
Questo era il testo:

MORTE DI UNA SIGNORA A SYDNEY PARADE.
UN CASO PIETOSO.
"Oggi, all'ospedale Città… di Dublino, il "Coroner" aggiunto (in
assenza del dottor Leverett) ha aperto un'inchiesta sulla persona
della signora Emily Sinico, di anni quarantatrè, rimasta uccisa ieri
sera alla stazione di Sydney Parade. Dall'indagine Š risultato che la
defunta, mentre stava attraversando i binari, Š stata investita dalla
locomotiva dell'accelerato delle dieci proveniente da Kingstown,
riportando di conseguenza ferite alla testa e al fianco destro, che ne
hanno causato la morte.
"Il macchinista, James Lennon, ha dichiarato di trovarsi al servizio
della compagnia ferroviaria da quindici anni. Sentendo il fischio del
guardalinee aveva messo in moto il treno e un secondo o due pi— tardi,
sentendo delle urla strazianti, aveva frenato. Il treno procedeva ad
andatura moderata.
"Il facchino, P. Dunne, ha dichiarato di aver visto, proprio mentre il
treno stava per muoversi, una donna che tentava di attraversare i
binari. Si era diretto, correndo, verso di lei e aveva gridato, ma,
prima che potesse raggiungerla, i respingenti della locomotiva
l'avevano afferrata e gettata a terra.
"UN GIURATO: Avete visto la signora cadere?
"TESTE: Sì.
"Croly, il sergente di polizia, ha deposto che al suo arrivo la donna
giaceva sulla piattaforma, apparentemente gi… morta, e di aver fatto
trasportare il corpo esanime nella sala d'aspetto in attesa
dell'ambulanza.
"L'agente 57 ha confermato la deposizione.
"Il dottor Halpin, assistente chirurgo dell'ospedale Città… di Dublino,
ha dichiarato che la defunta ha riportato la frattura di due costole
inferiori e parecchie gravi contusioni alla spalla destra. Sul
parietale destro le ferite erano dovute alla caduta. Le ferite non
erano, di per se stesse, sufficienti a causare la morte, in una
persona normale. La morte, secondo lui, era probabilmente stata
provocata dallo shock e dall'improvviso cedimento cardiaco.
"Il signor H.B. Patterson Finlay, a nome della compagnia ferroviaria,
ha espresso il suo profondo rammarico per l'incidente. La compagnia ha
sempre preso ogni precauzione per evitare che i passeggeri
attraversassero i binari, se non servendosi dei sottopassaggi, sia per
mezzo di avvisi in ogni stazione, sia ricorrendo a sbarre automatiche
brevettate nei passaggi a livello. La defunta aveva preso l'abitudine
di attraversare i binari a tarda notte e, tenuto conto di certe altre
circostanze del caso, non riteneva che il personale dovesse essere
criticato.
"Ha deposto anche il capitano Sinico di Leoville, Sydney Parade,
marito della signora, dichiarando che la defunta era sua moglie. Non
era a Dublino al momento dell'incidente, dato che era arrivato solo la
mattina da Rotterdam. Erano sposati da ventidue anni e avevano vissuto
felici fino a due anni prima, quando la signora aveva preso
l'abitudine di bere.
"La signorina Sinico ha confermato che ultimamente la madre era solita
uscire di sera per comprare bevande alcooliche. Lei aveva spesso
cercato di farla ragionare e le aveva suggerito di farsi socia di una
lega antialcoolica. Non era tornata a casa che un'ora dopo
l'incidente.
"La giuria ha emesso il verdetto in conformità… alla deposizione del
medico e ha assolto Lennon da qualsiasi responsabilità….
"Il 'Coroner' aggiunto ha concluso dichiarando trattarsi di un caso
pietoso e ha espresso le pi— sentite condoglianze al capitano Sinico e
a sua figlia. Ha inoltre fatto pressione sulla compagnia ferroviaria,
perchè‚ prenda serie misure per prevenire la possibilità… di simili
incidenti in futuro. Nessuno Š ritenuto responsabile".

Duffy alzò gli occhi dal giornale e guardò fuori dalla finestra il
triste paesaggio della sera. Il fiume si stendeva tranquillo vicino
alla distilleria abbandonata, e, ogni tanto, si accendeva una luce in
qualche casa della Lucan Road. Che fine! L'intero racconto della sua
morte lo disgustava, e ancora di pi— lo disgustava il pensare di aver
parlato con una donna simile delle cose che pi— gli erano sacre. Le
frasi trite, le vuote espressioni di simpatia, le misurate parole di
un giornalista, pagato per tacere i dettagli di una morte avvilente e
volgare, lo rivoltavano. Non solo si era degradata, ma aveva degradato
anche lui! Poteva immaginare quello squallido periodo della sua vita,
posseduta da quel vizio miserabile e maleodorante. La compagna della
sua anima! E pensò a quei disgraziati che aveva visto entrare
barcollando nelle osterie, per farsi riempire fiaschi e bottiglie.
Santo cielo, che fine! Evidentemente era incapace di vivere, senza un
incentivo di sorta, facile preda alle abitudini, uno dei relitti sui
quali si fonda la moderna civiltà…. Ma cadere così in basso! Era
possibile che si fosse ingannato sul suo conto fino a questo punto?
Ricordò lo sfogo che lei aveva avuto quella sera e lo interpreto pi—
rigidamente di quanto non avesse mai fatto. Non gli era difficile ora
approvare la linea di condotta seguita.
E poichè‚ la luce si indeboliva e la sua memoria cominciava a perdersi
nel passato, immaginò che la mano della morta sfiorasse la sua. Lo
shock, che prima lo aveva preso allo stomaco, ora gli influiva sui
nervi. Si mise in fretta soprabito e cappello e uscì. Un'aria fredda
lo investì sulla soglia, gli si infilò su per le maniche. Arrivato
all'osteria di Chapelizod Bridge entrò e ordinò un ponce caldo.
Il proprietario lo servì premurosamente, ma non osò attaccare
discorso. Nel locale c'erano cinque o sei operai, che discutevano sul
valore della proprietà… di un possidente della Contea di Kildare. A
intervalli bevevano dagli enormi boccali della capacità… di una pinta e
fumavano, sputando spesso sul pavimento e, qualche volta, ricoprendo
di segatura gli sputi con gli stivali. Duffy sedeva sul suo sgabello,
con lo sguardo fisso su di loro, senza vederli e senza sentire quello
che stavano dicendo. Dopo un po' quelli se ne andarono, e lui ordinò
un altro ponce, sul quale indugiò per un bel pezzo. Il proprietario
leggeva l'"Herald", semisdraiato sul banco, e sbadigliava. Ogni tanto
arrivava da fuori il rumore di un tram sulla strada solitaria.
Mentre sedeva l…, rivivendo le ore che avevano passato insieme ed
evocando ora l'una ora l'altra delle due immagini che si era fatto
della donna, si rese conto che era morta, che aveva cessato di essere,
che era diventata un ricordo. Cominciò a sentirsi a disagio. Si chiese
che cos'altro avrebbe potuto fare. Non certo continuare con lei una
commedia di inganni, n‚ vivere con lei apertamente. Aveva fatto ciò
che gli era sembrato la cosa migliore. Come si poteva biasimarlo? Ora
che se ne era andata, capiva quanto solitaria doveva essere stata la
sua vita, sera per sera, sempre sola in quella stanza. Anche lui aveva
la stessa prospettiva di solitudine, finchè‚ anche lui sarebbe morto,
avrebbe smesso di esistere, sarebbe diventato un ricordo, ammesso che
ci fosse qualcuno a ricordarlo.
Erano le nove passate, quando lasciò il locale. La notte era fredda e
buia. Entrò nel parco dal primo cancello e si incamminò tra gli alberi
spogli. Percorse i viali deserti, per i quali erano passati insieme
quattro anni prima. Sembrava che gli fosse vicina nell'oscurità…. In
certi momenti gli sembrava di sentirne la voce all'orecchio, di
avvertirne il tocco della mano sulla sua. Si fermò ad ascoltare.
Perchè‚ le aveva negato la vita? Perchè‚ l'aveva spinta a cercare la
morte? Sentì la sua natura morale andare in frantumi.
In cima alla Magazine Hill si fermò e guardò lungo il fiume verso
Dublino, le cui luci splendevano, rosse e invitanti, nella notte
fredda. Abbassò gli occhi sul pendio e, ai piedi della discesa,
nell'ombra del muro del parco, vide delle figure umane sdraiate.
Quegli amori venali e furtivi lo riempirono di disperazione. Inveì
contro la rettitudine della sua vita; sentiva di essere stato escluso
dal banchetto della vita. Un solo essere umano pareva che lo avesse
amato, e lui gli aveva negato vita e felicita: l'aveva condannato
all'ignominia, a una morte vergognosa. Sapeva che le figure distese a
ridosso del muro lo stavano osservando, desiderose che se ne andasse.
Nessuno lo voleva: era escluso dal banchetto della vita. Girò gli
occhi verso il grigio fiume scintillante, che serpeggiava verso
Dublino. Pi— in l…, oltre il fiume, vide un treno merci uscire dalla
stazione di Kingsbridge e tagliare l'oscurità… con la testa di fuoco,
ostinato e laborioso. Lentamente scomparve; ma si sentiva ancora nelle
orecchie, il continuo, cadenzato rumore della macchina ripetere le
sillabe del nome di lei.
Ritornò sui suoi passi, mentre il ritmo della locomotiva gli
rimbombava nelle orecchie. Cominciava a mettere in dubbio la realtà… di
quello che la memoria gli raccontava. Si fermò sotto un albero e
lasciò che quel ritmo si spegnesse. Non la sentiva pi— vicino
nell'oscurità…, n‚ la sua voce gli sfiorava l'orecchio. Rimase in
ascolto per qualche minuto. Non sentiva niente, adesso, la notte era
immersa nel silenzio. Ascoltò ancora: silenzio assoluto. Sentì di
essere solo.